lunedì 29 agosto 2011

storia di un'alba insonne!

No, non è stata una notte insonne: abbiamo dormito tutti e anche profondamente. Noi sicuramente. Altri no! Eh, sì...qualche notte fa abbiamo avuto la visita dei ladri! Hanno prelevato dalla camera i nostri bagagli e hanno passato al setaccio i nostri portafogli sfilando via i soldi e accaparrandosi qualche cellulare. Verso le 4.30, poco prima del canto del muezzin, uno di noi si è svegliato per andare in bagno e ha trovato appena fuori dalla camera tutte le nostre valigie sottosopra. E così è iniziata la nostra lunga giornata. All'inizio non ci si crede, poi si prendono le dimensioni del danno, ci si arrabbia, si inveisce ma poi soprattutto si riflette! Agli occhi di molti in questa città che soffre la fame - non c'è cassonetto della spazzatura a cui non trovi qualcuno che fruga -, in cui la disoccupazione si attesta attorno al 40%, in cui i giovani sono costretti a emigrare per cercare una vita dignitosa, noi siamo diversi, lontani, veniamo da un mondo inaccessibile, rappresentiamo un ideale di ricchezza precluso per chissà quali alchimie economiche. Non voglio giustificare nulla, ma solo pensare e cercare di comprendere e allo stesso tempo tentare una via di conversione per vivere seriamente la sobrietà che è una virtù.
La rabbia per fortuna si è stemperata in una giornata che è proseguita con la gita al monte Igman con tutti i bambini dei nostri 2 orfanotrofi. E' difficile dirlo ma non possiamo non amare questa gente quando fissiamo negli occhi questi piccoli feriti alla ricerca di un futuro difficile ma conquistabiile. A Sarajevo, un po' più leggeri, resistiamo!

Ne avremo il diritto?

Il giorno della partenza, assieme alla sua benedizione, don Maurizio ci ha letto un brano tratto da un libro di cui non ricordo il titolo e di cui mi sfugge il nome dell’autore. So solo che è un monaco appartenente alla famiglia di quei religiosi martirizzati ormai quindici anni fa in Algeria a cui è stato chiesto di prendere il loro posto subito dopo quei sanguinosi episodi. La frase diceva pressappoco che anche la seconda generazione di algerini, che pure non ha conosciuto la guerra, porta indelebili sulla pelle i segni della devastazione. Vale per l’Algeria, vale per qualsiasi altra terra, vale anche per Sarajevo.
I bambini che incontriamo non hanno mai sentito il suono di una sirena, non sono mai dovuti scappare nei rifugi e passarci intere giornate, non sanno cosa significhi andare a prendere l’acqua correndo fra sacchi di sabbia per evitare di essere colpiti da un cecchino, non sanno nulla delle granate che cadevano nei posti affollati o dei fucili puntati di nascosto proprio sui bambini. Ma questa guerra se la portano addosso per la povertà che vivono ogni giorno, per la distruzione che rende brutti certi scorci di questa magnifica città, per il loro stato di abbandono, perché molti loro parenti hanno preso casa all’estero e, da profughi prima, oggi non pensano più di ritornare in Bosnia.
Ferite profonde che solo il tempo può rimarginare e che solo una politica più giusta, a livello nazionale ma soprattutto internazionale, può aiutare a cicatrizzarsi. Ma questo non è ancora accaduto. La guerra è finita da troppo poco e i grandi della terra sono impegnati su altri fronti, primo fra tutti, quello di garantire lo status quo che continua ad affamare milioni di poveri.
Ma noi siamo qui. Non siamo ricchi, non risolviamo nulla, non abbiamo la pretesa di opere grandi perché torneremo presto a casa nostra…ma noi siamo qui a dare il nostro tempo, a sguinzagliare sorrisi, a portare la notizia che proprio loro, bimbi abbandonati, sono preziosi. Piccolissime suture su grandi ferite.
E così penso a chi è responsabile di tutto questo, a chi ha messo mano alle armi o ha comandato le stragi. Forse non pensava, nella follia di un accecato nazionalismo, che cosa avrebbe mai scatenato il suo odio e quanto avrebbe inciso sulla vita di tanti innocenti. Non incrocerò mai, grazie a Dio, lo sguardo di Karadzic o di Mladic ma oggi sento il diritto di gridare la loro colpa e, in un’accusa e colpa che sarà giusta, di sperare che si possa ricominciare daccapo!

mercoledì 24 agosto 2011

passeggiando in bicicletta!


E' stata una buona idea quella di portare la mia bicicletta. Così riesco, senza pesare sul gruppo privandolo di un mezzo, a passare abbastanza rapidamente da un'esperienza all'altra.
Cerco allora di fare una cronaca alla spicciolata, come cerco di sgattaiolare fra vicoli e stradoni di questa città sempre frenetica per incontrare i nostri ragazzi alle prese con l'animazione e soprattutto per incontrare loro, i bambini e i ragazzi per cui ancora una volta siamo qui.
Qui Bjelave, l'orfanotrofio pubblico!
Ci siamo arrivati in fretta e furia, ci siamo proprio fiondati per cercare di non avere nemmeno un minuto di ritardo. E, nonostante questo, non abbiamo dimenticato nulla: i palloni, le magliette, i post-it e i pennarelli per dividere i ragazzi in squadre, due taniche d'acqua perchè nel cortile non c'è nemmeno la fontanella anche quando si sfiorano i 40 gradi come in questi giorni e poi la voglia nel cuore di regalare a questi ragazzi, che alcuni di noi hanno rivisto solo dopo un anno, il nostro tempo e la voglia di farli sentire preziosi. Ma su questo punto loro sono imbattibili: certo, non avranno palloni, non hanno molti giochi e nemmeno l'acqua ma l'amore nel loro cuore straborda e ce lo regalano avvicinandosi a quella rete e scandendo con il loro accento i nostri nomi. Quest'anno a Bjelave c'è una novità e si chiama Gianluca, l'istruttore dei Barona's clown, perchè i grandi doni vanno partecipati. 5 bambini di Bjelave si stanno preparando con un corso a mettere in scena alcune gag per la festa finale e per la festa del nostro oratorio per il prossimo 9 ottobre. Se penso ai primi giorni e al nostro rapporto così gelido con il direttore e i suoi collaboratori credo che abbiamo fatto passi da gigante con il passo delle formichine che costruiscono di giorno in giorno e cambiano così il mondo!
Qui SOS Village
rumori di festa anche se è mattina e molti bambini sono a ancora a letto. Nella piazzetta in alto ci sono i nostri animatori alle prese con un gruppetto di ragazzi per fare attività, appassionanti a vedere come portano in giro e ti mostrano il prodotto del loro lavoro! Ma qui fra queste casette mi sorprende sempre il clima di famiglia che respiro. E sarà per gioco o un po' perchè mi fa piacere che inizio a chiamare da lontano fino alle sue finestre "mamma" Amira che scende di corsa per abbracciarmi. Guarda i miei capelli rasati e mi dice che assomiglio a uno dei suoi bimbi, Sasa, anzi che così come me sembra proprio mio fratello! Fratello: che bella parola, ha il sapore di una comunione fatta di semplici cose e di affetto profondo!
qui Grbavica!
ritorno in fretta al quartiere dove ha sede la nostra casa nel quartiere di Grbavica. Qui abbiamo deciso di dare forma a un'animazione che vuole essere un ponte con il futuro centro giovanile. Ma come trovare ragazzi e bambini se, soprattutto in agosto, non c'è la tradizione a considerare questa come una casa, un luogo dove trovare attenzione e cura? Se i ragazzi non ci sono bisogna andare a cercarli! E allora ecco le nostre animatrici vestite quasi da clown slanciarsi sulle strade per gonfiare palloncini ai bambini e invitarli con le loro mamme in questi giorni per giochi e attività ma soprattutto per fare amicizia con questi pazzi italiani che hanno un segreto di gioia da condividere! E intanto le squadre del torneo di calcio sono cresciute a dismisura e ogni giorno davanti al centro si alternano nel gioco circa 50 adolescenti e giovani e altrettanti stanno sugli spalti a fare il tifo. Che grazia. Forse da parte di chi prenderà in mano questo progetto ci vuole meno paura e più speranza. E sono certo che il buon seme scoppierà in frutti inattesi.

domenica 21 agosto 2011

aspettando l'alba di una nuova partenza

Dunque, facendo bene i conti, questo è il mio undicesimo viaggio a Sarajevo dal 2008, da quando ci siamo lasciati sedurre dalla bellezza e dalla complessità della storia e delle vicende atttuali di quella terra. Può sembrare un magro guadagno dire che inizio a capire qualcosa della situazione di quella città perchè mi accorgo di non capirci molto: ci vuole pazienza e non un giudizio frettoloso! Ma mi accorgo anche che da quella povertà e da quella trama spezzata possiamo arricchirci noi tutti cittadini di un'Europa alla soglia di un nuovo contesto dalle coordinate sociali sempre più allargate a nuove culture e religioni. Reputo dunque una grande occasione di crescita portare i nostri giovani e lasciare che questa terra li provochi e li ferisca.
Già, a proposito dei nostri giovani: quest'anno sono quasi 60! Mi chiedo ancora, con il dovuto rispetto, se sono io pazzo a mettermi in viaggio con loro o loro sono matti più di me a trascinarmi sempre più al fondo di una passione incontenibile!
Ma sono certo che a Sarajevo ci torniamo perchè qui abbiamo incontrato volti amici e soprattutto abbiamo raccolto dalle mani di chi non ha nulla un tesoro che custodiamo gelosamente nel nostro cuore. E penso soprattutto ai bambini di SOS e di Bjelave. Volti sempre più numerosi, dai contorni ormai definiti, dai nomi complicati e dal suono duro ma che richiamano storie e speranze di futuro.
Ci sono bambini che ci aspettano a cui regaleremo qualcosa di noi, soprattutto il nostro tempo. Ma, come sa bene chi ha un po' di esperienza dei nostri viaggi, torneremo noi arricchiti da loro perchè la profezia di un mondo nuovo dirompe proprio sotto i passi dei piccoli e degli ultimi. Già, loro ci regaleranno, assieme a un cuore più vulnerabile, una promessa di un futuro che dobbiamo conquistare anche al costo della lotta ma che si schiuderà fra le nostre mani come un miracolo, il futuro del Regno dei cieli.
Negli anni scorsi a Sarajevo abbiamo parlato di speranza e di carità. Non poteva mancare allora la riflessione sulla fede. Non sarà un cammino intimistico perchè il Dio che ci interpella nell'intimità del cuore con una voce più leggera della brezza di vento, poi ci chiede di gridare sui tetti la buona novella. Sarà un interrogarsi sulla nostra fede, sulle provocazioni che ci lancia la nostra cultura e anche l'incontro con l'Islam, sarà un chiedersi costante di come possano coesistere fede e dolore, certezza che Dio è Padre e la povertà dei nostri fratelli per poi insieme dire il nostro sì a un Dio che si è fato carne crocifissa per schiudere a ogni uomo l'orizzonte della risurrezione.
Lasciamo una caldissima Milano per immergerci in un'esperienza "incandescente"!
PS rubo questa citazione, modellandola, a don Maurizio che oggi in predica ha detto parole bellissime sui nostri viaggi a Sarajevo, parole di uno che ha calcato un proscenio simile prima e meglio di noi...grazie!