sabato 7 novembre 2009

Don't forget sarajevo. riflessioni a margine di una serata di rievocazione

"Estrema malinconia di quella terra che ci ha cambiato il cuore. Estrema gioia nel ripensare a quei sorrisi donati e ricevuti. Estrema indignazione davanti alla sofferenza che l'odio e la guerra hanno provocato. E proprio allora, quando il risentimento non basta, ci si mette in gioco, si abbattono le proprie barriere e si diventa più vulnerabili, perché “C’è più gioia nel dare che nel ricevere!”
Questo è, ed è stato, Sarajevo 2009, come colto dalla riflessione di Giulia, dai commenti di Chiara, dai pensieri di tanti ragazzi che hanno “vissuto” Sarajevo questa estate. Noi, adolescenti e giovani della Barona, non vogliamo fermarci alla malinconia che è rimasta, non vogliamo che la nostra indignazione rimanga un grido, un’emozione soffocata. Non vogliamo dimenticare. Il 22 ottobre all’Agorà serale “Don’t forget Sarajevo” in via Ettore Ponti eravamo in tanti. Ci siamo commossi guardando immagini e filmanti che ricordavano la nostra esperienza in Bosnia Herzegovina, che tornavano a denunciare con foto, testimonianze e musica la guerra e il genocidio che hanno straziato e segnato per sempre la popolazione di questa terra. Eravamo in tanti anche perché molti di voi si sono uniti a noi, chi per curiosità, chi perché invitato da un amico, chi per riflettere su temi come l’intercultura, il dialogo, la convivenza tra genti di etnie e fedi diverse.
Grazie, grazie perché “c’è più gioia nel dare che nel ricevere”. Se questa frase è vera di fronte ai sorrisi e alle mani tese dei bambini incontrati negli orfanatrofi, alle lacrime che bagnavano le gote degli anziani a cui la guerra portò via casa e figli, è vera anche e soprattutto quando occasioni come quella dell’Agorà ci permettono di essere testimoni. Nel nostro piccolo, essere testimoni significa essere voci che narrano la povertà che ancora abbiamo incontrato, la difficile e lenta ricostruzione economica, le numerose mine che ancora segnano i confini e impediscono la valorizzazione del territorio. Essere testimoni significa ricordare, accanto ai sorrisi e ai giochi dei bambini, il dolore che impregna ancora l’aria in terra bosniaca, una storia di morte che ancora è presente, e che non deve più ripetersi. Una delle tante storie di morte che affliggono popoli e nazioni. Essere testimoni significa non dimenticare.
E noi non vogliamo dimenticare. Vogliamo che quanto visto, condiviso, ricevuto a Sarajevo possa ora essere spunto e scintilla per nuovi orizzonti di carità. In questa ottica abbiamo creato un piccolo gruppo: 360 gradi, che ha grandi orizzonti e che speriamo possa crescere coinvolgendo sempre più persone e proponendo diverse occasioni di servizio e attenzione al prossimo. Vorremmo vivere la carità partendo dal nostro quartiere, comprendendo cosa e come possiamo fare e chi e come possiamo essere, attraverso occasioni di carità concreta, testimonianze di carità vissuta e incontri con persone che possano aiutarci a capire dove talvolta si inceppano i meccanismi dell'economia, delle istituzioni, dei rapporti sociali, originando situazioni di bisogno.
360 gradi è stato "lanciato" ufficialmente il 22 ottobre, in occasione dell'Agorà sulla nostra esperienza a Sarajevo, e già vede diversi adolescenti e giovani partecipare con entusiasmo alle due prime iniziative avviate. Accanto alla ripresa delle consegne dei pasti domenicali ad alcuni anziani in difficoltà, si sta infatti organizzando la partenza di aiuti da destinarsi ai due orfanatrofi di Sarajevo in cui abbiamo prestato servizio e ad altre opere seguite dall’Associazione locale Sprofondo. Nostro obiettivo è far partire gli aiuti (generi alimentari non deperibili, capi di abbigliamento e prodotti per l’igiene personale) prima di Natale, per poter essere noi stessi poi a consegnarli piccoli e grandi amici che abbiamo salutato questa estate, recandoci in persona a Sarajevo. Ci siamo già attivati iniziando a fare l’inventario del materiale già disponibile, al fine di essere sicuri di inviare solo aiuti effettivamente utili e esportabili alla dogana. Sabato scorso almeno una ventina di ragazzi hanno lavorato l’intera giornata selezionando vestiti, giochi e pulendo passeggini e lettini, ed è stato bellissimo vedere così tanti giovani collaborare per un fine comune, per un fine d’amore. C’è ancora però molto lavoro da fare, come proseguire nella sistemazione e organizzazione del magazzino che raccoglie le donazioni e sensibilizzare la comunità a partecipare alla raccolta del materiale mancante. Noi vogliamo credere che riusciremo a portare avanti questa ed altre iniziative, per non dimenticare Sarajevo e il Dio povero, umile, affamato di giustizia che abbiamo incontrato nelle persone lì conosciute, per non dimenticare un’occasione d’amore che ci ha aperto il cuore.

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