domenica 30 agosto 2009

il cielo sopra Sarajevo


Qui piove!
caspita, sembra proprio il clima giusto per un arrivederci che non e' mai senza lacrime.
Cosa rimarra' di questi giorni? Sembra la domanda piu' assordante.
Poco se si pensa a quanto abbiamo fatto. Tanto se si pensa a quanto abbimao ricevuto.
A chi ha sara' dato, a chi non ha sara' tolto anche quello che crede di avere.
Sarajevo mi ha insegnato cosa significa questa frase: se il cuore inizia a palpitare per un'utopia di bene e di pace in questa terra il Signore ti da' la Grazia di raccogliere in abbondanza; ma se sei chiuso, con il cuore vuoto, fondato sul nulla, sull'apparire, questa terra si fa specchio e mostra solo la poverta' che sei.
Hvala! E arrivederci!

srebrenica


Ieri, parecchio presto, ci siamo messi in cammino per Srebrenica. Un pellegrinaggio per vedere, cercare di capire, cambiare il cuore.
Circa 15 anni fa le truppe serbe, con il tacito accordo dell'ONU, hanno massacrato piu' di 8.000 uomini solo perche' musulmani, perche', a loro avviso, si doveva fare pulizia etnica dello straniero, del diverso all'improvviso diventato ostile e minaccioso.
Il tempo scorre veloce sulla strada fra piccoli paesi rurali e sterminate pianure incastonate ai piedi di colline aspre. A Srebrenica non c'e' molto da vedere: si fa visita ad un cimitero con circa 2500 lapidi, gli altri cadaveri sono da ritrovare o da identificare, e si visita la fabbrica dove c'era la sede dei caschi blu e poi dove e' stato consumato l'eccidio e sono state violentate le donne con lo stupido scopo di far nascere da ventri musulmani bambini serbi.
E il pensiero va al seme di violenza che qui si e' fatto barbarie e brutalita'. Se in altri momenti ti chiedi dov'e' Dio qui ti chiedi dov'e' l'uomo.
E penso anche al nostro Paese dove essere stranieri sta diventando sinonimo di usurpatore e ladro, dove si lasciano naufragare senza pieta' vite in cerca di riscatto. A cosa ci porteranno gli scellerati progetti a corto respiro dei nostri responsabili, a cosa i nostri pregiudizi e le nostre porte sbattute in faccia per arroccarci su privilegi e comodita' indebitamente sottratte e mai condivise con i poveri dle mondo?
Il sangue di Srebrenica si fa appello perche' non sia mai piu'.
Don't forget, Srebrenica. Mai piu'!

sabato 29 agosto 2009

il generale, la direttrice e i militari


Capita di incontrare tanta gente nella vita e di tanti non ricorderai quasi nulla. La loro immagine si dissolve come una scritta sulla spiaggia, il loro profumo svanisce con la sola brezza di primavera. Ci sono invece persone che ti lasciano il segno che, in bene e in male, incidono nel cuore la traccia indelebile della loro presenza.
Il generale Djviak e' senz'altro uno di quelli. Ufficiale dell'esercito jugoslavo negli anni di Tito, il papa' serbo e la mamma sarajevita, nei giorni della guerra decide di schierarsi con i bosgnacchi e di difendfere la citta' assumendo il compito piu' alto. E' arrivato fra noi puntualissimo, i capelli bianchi di un settantenne e la voglia di scherzare e di raccontare ai giovani pari a quella di un bimbo entusiasta. Ci racconta cos'era Sarajevo in quei giorni e poi con lui sfrecciamo a due posizioni del fronte. Da uomo esperto ci parla di tecniche di guerra, di cifre, di azioni. Ma la sua umanita' trapela quando siamo insieme sul pulmino e si lascia andare a giudizi e a racconti personali. Si commuove a parlare di Srebrenica, spera nel futuro ma solo se i presupposti saranno la Giustizia, la riconciliazione e la Pace. Un generale, mi dice, in tempo di guerra deve stare al fronte assieme ai suoi soldati e poi deve scendere in citta' per sostenere il morale del suo popolo e sara' per questo che qui e' al pari di un eroe nazionale e la gente lo ferma, con un pizzico di imbarazzo per lui, di tanto in tanto per potergli strtingere la mano o per abbracciare il loro Generale! Ora Djviak si occupa di bambini orfani di guerra con una buona Associazione. La gente migliore e' quella che sa metterci animo e cuore in tutto quello che fa e poi non ha paura di cambiare rotta quando la prima e' troppo angusta o svilente per la propria liberta'.
La direttrice la incontro invece all'orfanotrofio pubblico e ne avrei fatto volentieri a meno. La posa, i tratti, il suono della voce rispecchiano esattamente l'immaginario della cattiva direttrice di un posto terribile come l'orfanotrofio di cui ho gia' scritto. I bambini giocano da soli nello sporco del cortile o si aggrappano a vecchie strutture arrugginite e lei incurante di tutto questo ci fa storie perche' vorremmo utilizzare delle tempere sulle magliette! La guardo male e lei se ne accorge...tanto che alla nostra traduttrice replica seccata: ma che faccia ha questo! Eh, si, cara direttrice, peccato che non mi possa capire. Mastico amaro finche' non decido di vendicarmi...con ironia. Ora quando comparira' le staro' attaccato, fingero' di essere un clown e di volerla sporcare con le tempere ridendo io e facendo ridere i bambini stupiti di tanta confidenza. Ma la cosa piu' bella e' stata la foto finale: una con lei e una scattata da lei. Nell'ultima ho fatto mettere i bambini in posa facendo una bella linguaccia piu' che all'obbiettivo della macchina alla strega-direttrice. E le risate dei bambini mi hanno appagato quasi completamente!
Ieri sera invece sono venuti fra noi 5 militari italiani impegnati nella missione di pace in Bosnia. La prima parte dell'incontro e' stata decisamente tecnica ma ad un tratto trapela l'umanita' dei ragazzi quando raccontano il perche' della loro scelta. Uno di loro dice che quando si fa del bene, pur se piccolo, vale comunque la pena anche al costo di lasciare la propria citta' e trovarsi in un altro paese. Che forza, e quante coincidenze con quello che anche noi stiamo vivendo in questi giorni. Aldila' di tanta retorica nazionalista, un grazie di rappresentarci cosi' all'estero!

venerdì 28 agosto 2009

la strage degli innocenti


Ieri sera ero troppo stanco per connettermi alla rete e cosi', per tenere aggiornato questo diario, sfrutto la mezz'ora fra il servzio all'orfanotrofio e il pranzo che, fra l'altro, dobbiamo preparare noi perche' le nostre mamme hanno deciso di fare tappa a Medugorje.
Mi mancava di visitare la terza delle nostre esperienze di servizio, l'orfanotrofio pubblico. Sapevo, dai racconti dei ragazzi e dei giovani, che qui la realta' e' parecchio dura, ma non mi aspetavo fino a questo punto. I responsabili, forse non troppo lieti di avere ospiti stranieri fra i piedi - non hanno perso occasione per dimostrarcelo - non ci hanno mai fatto passare dall'ingresso ufficiale ma sempre da un cancello laterale che da' immediatamente sull'unico spazio aperto, un cortile in asfalto con due canestri e ai bordi, opposte alla rete di recinzione, una gradinata. Dietro a questo campo ci sono i tavoli in legno e i giochi per i piu' piccini su un terriccio pieno zeppo di sassolini. Tutto qui. Gli ospiti sono piu' di un centinaio, dai piccolissimi di 2-3 anni agli adolescenti che passano il loro tempo a giocare a calcio e soprattutto a basket. Ho l'impressione di trovarmi in una prigione soffocante dove l'unico scopo e' quello di ammazzare il tempo che non passa, a tratti in un manicomio perche' i bambini non giocano quasi mai assieme ma ognuo per se', soprattutto i piu' piccoli, chi con il pallone, chi con qualche gioco, chi con i sassolini. Ma bisogna vederli questi bimbi: da una parte ti chiedi come fanno ad essere cosi' felici, come fanno ancora a sorridere, come fanno ancora a sorprendersi di quello che vedono e di chi incontrano; dall'altra ti chiedi, quando dilaga la trsitezza nei loro occhi, quando hanno una voglia di tenerezza a loro sempre negata, perche' questi innocenti devono pagare le colpe che non hanno mai avuto: quelle dei loro genitori che li hanno abbandonati o maltrattati "meglio sarebbe per lui che gli si mettesse una pietra al collo e venisse gettato in un pozzo!", le colpe di un paese che ha perso tutto con una guerra e non ha compreso ancora che il vero benessere deve passare necessariamente per la pace, la giustizia e la solidarieta'; le colpe di un mondo occidentale che chiude gli occhi di fronte alla poverta' appena oltre i propri confini, arroccato ideologicamente sui propri privilegi. La strage degli innocenti, dai giorni di Erode, non ha ancora avuto fine. E io mi chiedo, perche', mi chiedo che cosa siamo noi per loro, o forse, che cosa questi occhi allegri e tristi assieme devono farci cambiare per essere creature nuove...
a dire il vero, Signore, oso anche chiederti dove sei tu di fronte a questo dolore innocente...non ho facili risposte, mi piace pensare che sei accanto ad ognuno di questi bambini

giovedì 27 agosto 2009

entrando in una casa donatele la pace


Stamattina ho deciso di accompagnare i giovani nella consegna dei pacchi viveri ad alcune famiglie disagiate del quartiere. Pensavo che mi sarebbero mancati i bambini dell'orfanotrofio e cosi', in parte, e' stato!
Subito dopo colazione siamo scesi in questa piccola cantina del Centro a preparare i viveri: grossi scatoloni pieni soprattutto di pasta e generi di prima necessita' oltre che di pacchi interi di pannoloni.
Caricate le scatole sul pulmino, abbiamo preso a girare per le strade di questa trafficata citta' - i sarajeviti guidano come pazzi, sfrecciano sulle loro rumorose macchine: qualcuno dice che non hanno ancora perso l'abitudine presa ai tempi della guerra quando solo rallentare voleva dire poter morire sotto il tiro di un cecchino - e di tanto in tanto abbiamo fatto sosta ai piedi di altissimi palazzi di evidente architettura popolare degli anni del Comunismo dove all'interno vivono, meglio sarebbe dire sopravvivono, centinaia di famiglie fra gli stenti di una magrissima pensione (200 euro), i ricordi della guerra che i segni sui muri non smettono di portare alla luce (una casa e' stata sventrata da una granata e tutto e' rimasto fermo ad allora), la poverta' di adesso e le malattie. Una signora ci dice che in medicine per la sua ipertensione e per la gastrite spende al mese circa 50 euro, esattamente un quarto della sua rendita. Ho pensato a Roberto e a come sarebbe bello se un medico potesse accompagnarci in questo servizio!
Ma il sorriso che ti accoglie quando si apre la porta, il bacio o la stretta di mano, la voglia di ricambiare il poco bene che hai dato almeno con un bicchere d'acqua sono commoventi. E io pensavo alla pace, quella che il Vangelo promette a chi ti accoglie in nome di Cristo. La pace scenda su questa casa e su di noi scenda invece l'inquietudine di un mondo ingiusto, scenda la voglia di una rivoluzione per mano dei poveri perche' gia' qui e ora gli affamati siano colmati di beni.
Oggi pomeriggio siamo stati in giro per la citta' alla ricerca di esperienze di pace e di convivenza fra le religioni e le etnie. Che bella la scuola cattolica a prezzo zero per tutti i bambini del quartiere, il sogno di una Chiesa che investe sul futuro a partire dai bambini e dai giovani e non si arrocca sui propri privilegi o gioca in difesa per paura di perdere il confronto con le altre religioni. Una vera e propria sfida se si pensa che a Sarajevo city il 90% della popolazione e' musulmana, un vero e proprio segno profetico nato durante la guerra come il mandorlo di Geremia che fiorisce quando e' ancora inverno. Mi piacerebbe un gemellaggio con la mia scuola, mi piacerebbe portare nel bellssimo auditorium i ragazzi della compagnia SNEC magari con un musical con a tema la pace! Ne dovro' parlare con Claudia!
Concludo pensando stasera ai nostri ragazzi mentre il giorno si chiude e il silenzio scende a coprire un'altra giornata intensa. E' bastata una provocazione sull'amicizia per rimettere in discussione alcuni di loro e per accendere il desiderio di crescere in sensibilita' verso gli altri. Sogno con loro un oratorio che sia non solo incrocio di gruppi ma comunita' dove ci si accoglie e ci si ama nella convivialita' delle differenze, dove l'altro e' sempre un dono.
Buonanotte, Sarajevo. La benedizione di Dio, l'unico e l'onnipotente, il Padre ti accarezzi e lenisca le tue ferite.

martedì 25 agosto 2009

a piedi nudi su un campo di calcio in asfalto


Stamattina la sveglia e' suonata fin troppo presto! Erano le 7.30! Ma come presto alle 7.30? - qualcuno potrebbe chiedere! Beh, sfido chiunque a sostenere senza fatica le quasi 14 ore di viaggio e una giornata campale come quella di ieri!
Il sorriso pero' di tutti stempera la fatica di lasciare il tepore del letto. La casa torna a suonare delle nostre voci.
Abbiamo pero' poco tempo per stare a guardarci, forse solo quello necessario per scambiarsi qualche battuta e richiamare alcuni principi. E le 9 arrivano presto per uscire ognuno alla sua missione. Un gruppo di adolescenti andra' all'orfanotrofio civile, l'orfanotrofio pubblico della citta'; un altro gruppo all'SOS Village, un orfanotrofio che poi e' un insieme di piccole comunita' che raccolgono 90 fra bambini e adolescenti attorno a genitori affidatari, e il terzo gruppo resta a casa per preparare pacchi viveri da consegnare a quasi 30 famiglie povere della zona. Gia' la poverta': qui assomiglia solo in parte alla nostra! Da noi qualcosa ti e' garantito; a Sarajevo, con la crisi economica devastante da ormai quasi 15 anni, non ti puoi permettere nemmeno un'operazione di appendicite senza pagare! Se non ci fosse il giro pasti (guarda che caso, anche qui si chiama come da noi!) i piu' poveri morirebbero, letteralmente, di fame!
Io seguo il gruppo dell'SOS Village e appena arrivati siamo accolti dalla direttrice e da una pedagogista. L'accoglienza ha lo stile asciutto di questa gente dignitosa e un po' spartana: ci raccontano chi sono i ragazzi che incontreremo e ci danno alcune istruzioni per facilitare il nostro approccio. E poi insieme si sale nel cuore della comunita' e li' uno ad uno iniziano ad accorrere tanti bambini appena svegliati e con un sorriso di curiosita' per questi goffi e strani italiani piovuti oggi chissa' da dove! Il gruppo e' ormai talmente grande che dobbiamo spostarci su un piccolo campo giochi ai margini del Villaggio. I nostri adolescenti sono fantastici, che bello averli incontrati sulla strada della mia vita, non badano a vergogne o a resistenze comunque plausibili e si separano qui e la' per giocare a calcio o a basket o a ballare o semplicemente a palleggiare o a passare la palla ad una bambina che ha solo voglia di scagliarla lontano! Mi fermo ai margini del campo di calcio, in realta' uno streminzito rettangolo di asfalto con tracciate a mano con la vernice le linee. Alcuni dei ragazzi erano scesi in ciabatte a giocare ma in quel modo sarebbe stato impossibile. Eccoli allora a piedi nudi rincorrere il pallone, fare anche fallo o tirare punizioni comuqnue invidiabili. Ma guardo meglio...anche qualcuno dei nostri adolescenti si e' tolto le scarpe e gioca un po' dolorante sui sassolini dell'asfalto! Ma che fai? - gli urlo ridendo - ma poi capisco e sto zitto a contemplare la scena: il gioco e l'allegria hanno creato comunione! E sorrido ringraziando Dio perche' la vita e' bella anche quando giochi a piedi nudi sull'asfalto ma per amore e con amore!
Stasera la riflessione sulla speranza e' stata piu' lunga del previsto...oltre un'ora a chiacchierare a piccoli gruppi, anche qualche lacrima ha solcato il viso di qualcuno. Puoi tornare a sperare in te solo quando incontri qualcuno che ti prende per mano e ti riconcilia con i tuoi limiti. Questo qualcuno, per noi, ora sono i bambini a piedi nudi del Villaggio ad est di Sarajevo!

arrivati alla base, con la 4 ingranata!


Quante ore all'arrivo a Sarajevo?
Troppe comunque, sia per chi viaggia sui primi 4 pulmini, sia per chi, come me, e' costretto a stare in fondo! Ma da queste pagine non saprete mai il perche': certi racconti si possono tramandare solo per voce lasciando che alla realta' presto si faccia compagna la leggenda e tutto si trasformi da tragedia in commedia!
Alle 20 lasciamo l'Italia, qui ad est fa buio presto e la notte balcanica ci accoglie fra le sue braccia con un pizzico di freddo che per noi, costretti a soffocare nell'afa metropolitana di questi giorni, non e' niente male.
La frontiera della Bosnia la varchiamo all'alba perche' la luce su queste strade attorcigliate e avventurose puo' essere una buona compagna. E ora ci separano dalla meta altri 200 KM, gli ultimi, davvero i piu' lunghi sia per la voglia di concludere ma, penso soprattutto per la voglia di iniziare. Ma quanto e' bella Sarajevo dall'alto quando ti sorprende con la sua vita che scorre alla rinfusa attorno all'unica strada centrale, la strada tristemente nota come via dei cecchini!
Il primo giorno, lunedi' scorre veloce fra la spesa da ultimare, la casa da sistemare (forse completamente da risistemare vista la sua provvisorieta'!), il campo di lavoro da organizzare nelle cose ormai piu' minuziose e poi dobbiamo introdurci all'esperienza scorrendo le pagine del libretto, facendo gl appunti necessari al programma che, conservando tutti gli ingredienti, e' stato pero' variato... ma come dice quella legge matematica? Invertendo l'ordine degli addendi il risultato non cambia... Si', sono addendi gli incontri che faremo nelle case di queste povere famiglie, nei due orfanotrofi e con i testimoni, cose che si aggiungono come un bagaglio prezioso per la nostra vita, segni capaci di scuoterci e di trasformarci, di convertirci per non essere, almeno in qualcosa, mai piu' come prima.

sabato 22 agosto 2009

è notte alta e sono sveglio!

Forse è l'ansia che precede ogni mio viaggio, forse è il mio perfezionismo atavico che non molla la presa, forse è la paura che qualcosa rovini il viaggio e l'esperienza a Sarajevo... e comunque sono sveglio con la predica di domani da portare a termine, con l'elenco di consegne da fare per la prossima settimana in oratorio, con una mail da scrivere a don Roberto e con la valigia ancora vuota sul mio letto. Il sonno non arriva!
Posso provare a trasformare le paure in desideri:
vorrei che questo campo di lavoro ci sconvolgesse la vita
vorrei che quella terra con i suoi poveri e in particolare con i suoi bambini ci togliesse la pace delle nostre coscienze troppo rappacificate con la povertà del mondo
vorrei che lo Spirito seminasse la gioia che sta più nel dare che nel ricevere
vorrei che almeno un segno rimanesse indelebile nel cuore dei nostri adolescenti e giovani e li portasse a scommettere sull'amore, l'unica cosa che conta e per cui vale la pena vivere al costo amaro della soltudine e del sorriso di disprezzo di chi si crede già sazio
vorrei...ma ora è tempo di concludere le tante incombenze!
Tutto metto nelle mani di Gesù e di Maria Ausiliatrice.
Le prossime righe le scriverò da Sarajevo.
PS ormai mi è chiaro che ogni partenza assomigia un po' alla morte: devi lasciare delle cose per guadare i confini rassicuranti della tua vita...sarà per questo che ho mal di pancia?!

giovedì 13 agosto 2009

10 giorni alla partenza

Gli iscritti? 40! Bel colpo!
I pulmini? Sì, per fortuna siamo riusciti a trovarne 5...un'impresa!
Le pratiche alla Questura? Più semplice del previsto: bastano le carte d'identità e anche il certificato anagrafico
Abbiamo già fissato il menù e settimana prossima si va a fare la spesa
Formati i gruppi di servizio in casa e di condivisione dopo la riflessione comune? Sì, speriamo in bene!
E l'esperienza? L'idea è che gli ado vadano nei due orfanotrofi e i giovani facciano servizio al campo profughi o in visita alle famiglie consegnando pacchi viveri e accompagnando i medici. E poi ci saranno i Barona's clown con il loro spettacolo da proporre qualche sera in giro per la città.
Manca il tema...ma come, è evidente: la speranza!
Ma non sarà un po' difficile? Ma come non parlare di speranza...quella terra freme nella speranza di un riscatto definitivo, guarda al futuro come noi non sappiamo più fare, come nel gioco del rugby, cerca di buttare indietro per andare avanti, cerca di dimenticare la guerra per entrare nel futuro.
Quello che l'anno scorso mi aveva duramente colpito, ovvero la voglia di non parlare della guerra, di seppellire i ricordi, di negare a se stessi quello che è stato, ora mi sembra una cosa piuttosto normale, quasi una dote!
E anche noi vorremmo essere un segno di speranza per quella gente che sfioreremo soltanto in una settimana. Ma come essere speranza se prima non l'abbiamo in noi? Proprio per questo l'itinerario di riflessione prevede un progressivo approfondire il tema, come per cerchi concentrici, prima guardando a noi, poi alle nostre amicizie e alla comunità per poter arrivare ad annunciare la speranza al mondo intero, per costruire un futuro di pace oltre ogni pregiudizio e diversità.
La valigia non è ancora pronta ma sento in me già il profumo di quella terra. Ancora 10 giorni e ci saremo!